domenica 15 aprile 2012

le orchidee



Bellezze da vetrina, promettenti ma stronze.
Le vedi altezzose far mostra di sé ad ogni chiosco floreale,
immerse in un alone di snobismo e indifferenza.
Tutte estetica, colori tenui, forme suadenti.
Oltre quello, niente.
Non una molecola volatile, non uno stimolo cutaneo.
Naso e tatto con loro vanno regolarmente in bianco.
Per natura.

Saggio sarebbe lasciarle lì a tirarsela coi ciclamini.
Ma tutti ci cascano, prima o poi.
Una rapida occhiata a cotanta bellezza abbandonata nel fango
e subito scattano
training autogeno genere "io ti salverò" e mano sul portafogli.

Già, se le vuoi devi sganciare pesante.
Soldi e non solo.
Amore, cura, passione.
Serve tutto. Ma non basta mai.
Per un po' ti si concedono.
Smuovono polvere dalle cornee, lasciano vibrare le retine.
Poi basta.
Si afflosciano avvizzite sui loro lunghi gambi.
Infine cadono.

Ed è allora che assapori la beffa,
quando ti ritrovi per mesi a dare acqua a quegli zeppi insulsi,
nella speranza che da un momento all'altro ritornino.
Non tornano, non tornano mai.
Qualcuno dice che rinascano in altre forme e luoghi.
Forse è vero, metempsicosi a parte.
Forse la loro anima prende altre strade,
si impossessa di altre forme di vita.
Quella umana compresa.
Forse.

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